“Anna Esposito propone una critica della comunicazione; quindi lavora sui dati dei mass-media, alterandoli cambiandoli, falsandoli. Fa quello che oggi a me interessa cioè la finzione: la parola stessa arte, significa artificio, discorso ‘ad arte’, artificiale. […] che sono questi piani di perspex sovrapposti nelle ultime immagini replicate? Sono fattori che moltiplicano l’immagine o la sottraggono: cioè operazioni matematiche, teoremi, proposizioni concettuali. Sia pure in un ambito che reputo divertente e giocoso. […] la ‘magia’ è tutta nel vedere quello che già c’è: la capacità di scoprire l’immagine implicita nelle cose nel momento in cui si danno attraverso l’immagine […] Non affollare il mondo di nuove immagini, ma prendere dal mondo le immagini che già ci sono e criticarle; perché la critica consiste nella accumulazione, nella sottrazione, nella moltiplicazione, nella divisione. Semmai, attraverso questa fitta ridondanza, la capacità di criticare un mondo servendosi dello stesso mondo. Mi sembra un discorso maturo e, uso un aggettivo che scandalizza, divertente, perché sa estrarre cose dalle cose stesse con l’occhio della retina e con l’occhio della mente.
Davanti a lavori come questi,
in cui tutto è costruito per essere visto dalla retina dello spettatore, non attraverso il retino dei cliché, direi che ci troviamo di fronte a quei felici artisti che hanno preso atto di Benjamin e hanno capito che in questa epoca di riproducibilità tecnica la giusta via è quella di arrivare a una non riproducibilità del lavoro”.
[Maurizio Fagiolo, Anna Esposito, Comune di Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 1976]